Preadolescenti gettati nel web, il destino dei dati personali
Di Gianfranco Scialpi - scuolainforma.it
7 Dicembre 2019
Preadolescenti gettati nel Web. Precocemente anche con la complicità irresponsabile dei genitori, certificata da un sondaggio. Il problema della profilazione dei dati, inconsapevolmente immessi nella Rete che con dimentica.
Preadolescenti gettati nel Web, grazie anche alla complicità dei genitori che contraddicono il principio della responsabilità genitoriale che discende dalla Costituzione (art. 30). Secondo un sondaggio di Osservare Oltre, ANP e tutorweb su quasi 8000 ragazzi tra i 10 e i 14 anni, il 22% dei preadolescenti, al momento dell’iscrizione a Facebook, Instagram o a un servizio di messaggistica istantanea (ad esempio WhatsApp), mente con i genitori presenti. Furbata messa in atto in solitudine anche dai preadolescenti (84%). In quest’ultimo caso i genitori dove sono?
La furbizia è la risposta poco responsabile al divieto di iscrizione sotto i 13 anni, imposto dai servizi Web. Essi si sono adeguati al GDPR (regolamento europeo per la protezione dei dati personali) e al decreto attuativo 101/18 che ha reso coerente la nostra legislazione al Regolamento europeo.
Quindi siamo palesemente di fronte a decisioni fuori legge. Più gravi ovviamente per i genitori.
Il processo di profilazione necessita dei nostri dati personali
Nel Web, come nella vita reale, niente è offerto in modo disinteressato. Ogni servizio anche gratuito ha un risvolto pratico e un ritorno economico per i responsabili. L’iscrizione a un servizio, implica la rinuncia a una parte della nostra privacy. Questa avviene quando diamo il consenso al trattamento automatizzato dei nostri dati personali. In altri termini, diamo il consenso ad essere marchiati con le parti dei nostri dati personali, per facilitare la valutazione sui gusti, interessi e altro ancora.
Tecnicamente l’operazione è definita profilazione. La migliore definizione è data dal GDPR “qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell’utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l’affidabilità, il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica” (art. 4).
La cessione di parti di privacy e la prospettiva inquietante per i ragazzi
Se consideriamo che il Web non dimentica nulla, grazie al processo di condivisione che riduce tra l’altro la nostra possibilità di controllo dei dati personali, il consenso ha rivolti inquietanti per i nostri preadolescenti.
In altri termini, siamo certi che i dati personali saranno gestiti sempre nel rispetto della normativa vigente? Mi riferisco ai principi enunciati dal GDPR di liceità, correttezza, coerenza, pertinenza con le finalità di raccolta…
Il sondaggio, realizzato da SottoSopra, il Movimento giovani di Save the Children, con il sostegno dell'Invalsi (ente controllato dal Miur), rientra nell'ambito della campagna nazionale "Up-prezzami" contro gli stereotipi, la prima ideata dagli oltre quattrocento ragazze e ragazzi tra i 14 e i 22 anni impegnati in azioni di sensibilizzazione e cittadinanza attiva in quindici città italiane. Immagine simbolo della campagna è un codice a barre che rappresenta le etichette con le quali si giudicano gli altri in modo superficiale, limitandosi al loro aspetto esteriore: "Non fermarti all'etichetta", è lo slogan. Gli organizzatori chiedono di condividere sui social il simbolo utilizzando l'hashtag #UPprezzami e sfidando i propri amici e familiari a postare foto e video disegnandosi un codice a barre sulla guancia per "liberarsi dalle etichette e a dire no alle discriminazioni".
Siamo sicuri, inoltre che questi dati, comprese le nostre attività (foto, messaggi, attività…) non finiranno per essere alterati e gestiti illecitamente da personaggi di dubbia reputazione e presenti nel Dark Web?
Questo è il Web con i suoi risvolti negativi, maggiormente gestibili da un adulto conoscitore del Web. Egli, infatti può decidere quali servizi utilizzare e quali dati rendere noti e autorizzare. Affidare ora questa questa responsabilità completamente a un preadolescente, mi sembra eccessivo. Non è un caso che la normativa europea (GDPR art. 8) e italiana (Decreto attuativo 101/18 art. 2 – quinquies) vieta il consenso al trattamento dei dati per chi ha meno di 13 anni. Direttiva ignorata da molti genitori! E questo sconcerta!